DON GIOVANNI
traduzione e adattamento Tommaso Matteiinterpretato e diretto da Alessandro Preziosi
scene Fabien Iliou
costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Valerio Tiberi
musiche Andrea Farri
supervisione artistica Alessandro Maggi
produzione Khora.Teatro | Teatro Stabile d'Abruzzo
Inizio spettacoli: sabato h 21.00; domenica h 17.00
Il nuovo progetto teatrale di Alessandro Preziosi lo vede impegnato - come regista e protagonista – con un vero e proprio mito della letteratura e del teatro occidentali, Don Giovanni, visto attraverso una personalissima lettura.
“Lo voglio riscrivere a modo mio”, spiega in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera lo scorso 30 marzo, “perché per me, invece di rappresentare il famoso e per certi versi affascinante avventuriero che colleziona donne, è in verità un uomo che dimostra tutta la sua patetica debolezza proprio nei confronti dell’altro sesso. È il classico atteggiamento maschile, quello della supremazia sulla donna per renderla schiava, per ridurla in suo possesso. E alla fine il mio Don Giovanni non finirà a bruciare tra le fiamme dell’inferno, ma si convertirà: credere in Dio sarà il suo riscatto morale”.
Lo spettacolo
Le versioni del mito di Don Giovanni sono ben superiori alle donne sedotte dall’ammaliatore sivigliano e contano oltre 4000 riscritture. Numerosissime erano state le rappresentazioni teatrali con protagonista questo personaggio, la cui immensa fortuna letteraria era cominciata nel 1630, quando Tirso de Molina, probabilmente ispirandosi a racconti popolari che utilizzavano i padri Gesuiti, negli spettacoli edificanti dei loro piccoli allievi facendone il prototipo dell’eretico blasfemo per definizione, scrisse il suo Burlador de Sevilla. Venne in seguito ripreso dalla Commedia dell’Arte italiana, che lo incluse nel suo repertorio accentuando gli aspetti più comici della vicenda.
Molière, attinge a queste fonti italiane e le rielabora per ricavarne un suo personale Don Giovanni: ritraendolo come un personaggio raffinato, cinico, dissacrante, in aperta opposizione con le convenzioni sociali, pronto a burlarsi anche della religione. Egli prese, per così dire, il meglio di ciascuna fonte, elaborando i personaggi e creando una storia con una grande varietà di toni in cui il comico e il drammatico si incrociano di continuo, e in cui agiscono personaggi di estrazione sociale molto diversa (aristocratici, servitori, contadini).
Nella scelta del Don Giovanni, Khora.teatro ha intravisto nella compresenza di toni drammatici e comici, un materiale drammaturgico teso a coniugare l’esaltazione ed il senso tragico del personaggio archetipico, mito dell’individualismo moderno, e le mirabili leve sulle parti comiche, necessarie per meglio andare incontro al gusto del pubblico, il testo ideale nel compimento di una particolarissima trilogia di ambientazione seicentesca, Amleto, Cyrano, Don Giovanni.
Il Don Giovanni non è un banale donnaiolo, collezionista di femmine per sfogo fisiologico o edonistico svago, ma a dominare è una volontà di potenza, di affermazione di sé che nasce da un vuoto esistenziale, da una sorta di noia metafisica, e insieme da un timore di fallimento, un Don Giovanni che ormai, prossimo al termine della sua carriera, sembra quasi svelare la maschera ipocrita della cinica empietà, per smascherare i cattivi pensieri e le ipocrisie della società in cui è calato.
Quando il mare è agitato, i flutti spumeggianti formano un tale turbinio di immagini, quasi degli esseri viventi, ed è come se fossero questi esseri a mettere in moto i flutti; e tuttavia, al contrario, è l’agitarsi dei flutti a formarli. Così Don Giovanni è un immagine che compare costantemente ma non acquista mai contorni né consistenza; un individuo che è formato costantemente ma non viene mai compiuto, e nella cui storia non s’apprende nient’altro se non s’ ascolta il fragore dei flutti.
[Søren Kierkegaard]Don Giovanni è un mito senza tempo, estremamente moderno, rielaborato innumerevoli volte in diverse epoche e da differenti personalità artistiche, ma nonostante di Don Giovanni si sia tanto scritto e discusso, il personaggio non si lascia definire, resta per così sfuggente.
Il desiderio di riproporre oggi una visione originale di questo classico nasce dalla consapevolezza che il personaggio disegnato è ancora oggi di grande attualità e dalla volontà di renderne palpabile il processo creativo che lo ha fermato nel testo di Moliere con la prospettiva visionaria di dar luogo a qualcosa di inesplorato e di ripercorrere con occhi contemporanei il viaggio di chi ci ha preceduto.
L’obiettivo di una regia pensata come nel cinema oggi si fa con il tridimensionale è di accendere nella fantasia degli spettatori il piacere dei sensi, facendo materializzare sotto i loro occhi, uno dei più affascinanti archetipi letterari della cultura occidentale. La messa in scena riunisce quindi sotto la sua egida il piano realistico della commedia e quello tragico e fantastico/simbolico del soprannaturale, che racchiude la morale finale tipica del canovaccio di Tirso, tendendo ad esaltarne l’estremo vitalismo anche quando l’invito al godimento dei sensi sembra solo prendere origine dal tedium vitae e dal vuoto interiore. Don Giovanni, con la sua frenesia, il suo essere oltre, il suo slancio vitale e il suo destino di morte, attira tutti gli altri personaggi, sia uomini che donne; anche quando lo odiano o lo negano, non fanno che pensare a lui, parlare di lui, agire per lui.
Il protagonista è un personaggio seducente, figura ricca di controluce, sempre in scena, autentico funambolo del trasformismo, come se ad ogni conquista cambiasse pelle, che incarna nel suo continuo muoversi nello spazio intermedio tra vero e falso, la quintessenza di un vizio sempre tristemente di moda, dall’ipocrisia.
Il vero peccato di Don Giovanni però non sta nel suo comportamento irrispettoso, bensì nel pensare impunemente di doversi confrontare solo con la giustizia terrena, dove forte dei suoi privilegi riesce sempre ad avere la meglio divenendo l’emblema, dell’intelligenza strategica messa al servizio degli inganni e del disprezzo verso il mistero della vita.
[Alessandro Preziosi]
Note di adattamento
Il Don Giovanni di Molière è un testo eccezionale che suona ancora oggi come attuale senza aver accumulato nel tempo un grammo di polvere, ma è anche un’opera inquietante e sublimemente misteriosa, dal genere “unico” sotto molti punti di vista, soprattutto da quello stilistico: una commedia irresistibilmente atipica rispetto alla vasta produzione del commediografo francese, una tragedia quasi Shakespeariana con una trama apparentemente poco lineare e personaggi e caratteri in apparenza incredibilmente distanti fra loro.
In questo nuovo adattamento ci si è proposti in linea con l’allestimento proposto di realizzare un copione dal carattere spiccatamente “postmoderno” e cinematografico, che conferma il piacere agli affezionati della prosa, ma capace di introdurre degli elementi che attivano il pensiero, come ad esempio l’episodio introduttivo del duello con il Commendatore, matrice di tutta la vicenda narrata.
La lingua è usata al servizio dello spettacolo con il preciso intento di sposare il divertimento con i contenuti, assecondando organicamente una struttura bizzarra in cui commedia e tragedia si succedono quasi senza preavvisi.
Questa libertà creativa apparentemente caotica, forse dovuta ad una fretta compositiva da parte dell’autore, e le “psicologie” ma soprattutto le azioni dei suoi proverbiali protagonisti, è compensata da una rimarcata struttura e da una rigorosa “impaginazione”, un succedersi di quadri, con vere e proprie ellissi cinematografiche, in luoghi e spazi che nulla hanno a che fare con il naturalismo.