7 minuti

sabato 28 febbraio, 1 marzo 2015
Ottavia Piccolo in 7 minuti
di Stefano Massini
con Ottavia Piccolo
regia Alessandro Gassmann

e con Paola Di Meglio, Silvia Piovan, Olga Rossi, Maiga Balkissa, Stefania Ugomari Di Blas, Cecilia Di Giuli, Eleonora Bolla, Vittoria Corallo, Arianna Ancarani, Stella Piccioni
scenografia Gianluca Amodio
costumi Lauretta Salvagnin
light Designer Marco Palmieri
musiche Originali Aldo E Pivio De Scalzi
videografie Marco Schiavoni
produzione Emilia Romagna Teatro | Teatro Stabile Dell’Umbria | Teatro Stabile Del Veneto

Inizio spettacoli: sabato h 21.00; domenica h 17.00

Ottavia Piccolo, attrice di cinema e di teatro e doppiatrice, ha esordito appena undicenne in Anna dei miracoli (1960). Ha lavorato con i più grandi registi italiani, da Visconti a Strehler, da Lavia a Castri. In questa stagione sarà protagonista, diretta da Alessandro Gassmann, di un dramma proletario di Stefano Massini ispirato a una storia vera avvenuta in Francia.
Il caso: siamo nel 1998, un gruppo di operaie francesi si riunisce per decidere se accettare una  riduzione della pausa di sette minuti. Dopo ore di discussione votano contro ma negli anni seguenti vengono, con delle scuse, licenziate. “Si tratta — spiega Gassmann — di un dramma che mi ha subito impressionato. Devo tenere a bada undici operaie che hanno subito una proposta indecente dall’azienda che ha cambiato gestione: devono decidere subito, prendere o lasciare, se accettare o meno la riduzione della loro pausa. E si accende il dibattito». “Il mio personaggio non è un’eroina a una sola dimensione, - afferma la Piccolo - mi piace il dramma collettivo con le compagne e la loro dialettica».

 

NOTE DI REGIA
7 minuti di Stefano Massini, basato su un episodio realmente accaduto in una fabbrica francese è, in questo passaggio storico, il testo che andavo cercando. Parliamo di lavoro, di donne, di diritti, lo faremo dando voce ed anima a undici protagoniste operaie che ci permetteranno di raccontare con le loro diverse personalità̀, le paure per il nostro futuro e per quello dei nostri figli, le rabbie inconsulte che situazioni di precarietà̀ lavorative possono scatenare, le angosce che il mondo del lavoro dipendente vive in questo momento. Il linguaggio di Massini è vero, asciutto, credibile, coinvolgente, molto attento e preciso nel descrivere i rapporti ed i percorsi di vita di undici donne, madri, figlie, tutte appunto diverse tra loro, ma capaci di raccontarci una umanità̀ che tenta disperatamente di reagire all’incertezza del futuro. Ottavia Piccolo, Blanche, rappresenterà̀, tra questi undici caratteri, la possibilità̀ di resistenza, il tentativo di far prevalere nel caos la logica, la giustizia, una sorta di “madre coraggiosa” che tenta di indicare una via alternativa. Il disegno registico, come mia abitudine, si concentrerà̀ sul tentativo di dare verità̀ a queste anime, descrivendone, in una scenografia iperrealista, tutte le diversità̀, emozioni, incomprensioni, tentando, come sempre, di amplificare le emozioni già̀ presenti nel testo. Il teatro può davvero essere luogo di denuncia senza mai rinunciare alla produzione di emozioni, questo ho fatto finora e continuerò̀ a fare con 7 minuti.  [Alessandro Gassmann]

NOTE DELL’AUTORE
Ci sono storie che ti vengono a cercare. Sembra che facciano davvero di tutto per essere raccontate, per essere scritte. Una di queste ha raggiunto e conquistato me, ed ha a che fare con le operaie tessili di Yssingeaux, nell’Alta Loira. Il fatto di cronaca risale al gennaio 2012, e ha riempito i giornali d’Oltralpe: d’altra parte poteva passare inosservato quel braccio di ferro così spietato fra le dipendenti – tutte donne – di uno dei massimi colossi industriali francesi e i nuovi dirigenti subentrati al controllo? La storia delle operaie di Yssingeaux mi ha dato la caccia per vari mesi. Non potevo aprire un quotidiano o cliccare su una web-page senza trovarmi di nuovo davanti quei visi femminili, assortiti di ogni età̀, impegnate in una difesa epica – antica eppure modernissima – della propria dignità̀ di lavoratrici. Ma in quale modo raccontare in teatro tutto questo? Il pretesto me l’ha fornito, come sempre, non il filone principale bensì̀ uno dei tanti aneddoti di cui è costellata la drammatica trattativa di quei giorni: la lunga riunione del consiglio di fabbrica che doveva decidere se accettare o meno una rinuncia ai propri diritti acquisiti. Su quella riunione ho costruito tutto. E con grande passione, perché́ mi sembrava straordinario ritrarre in scena il mosaico estremo di quel conclave tutto di donne, chiamate a votare “si o no” non solo alla propria sorte, ma anche a quella di chissà̀ quante altre fabbriche nell’Europa della grande crisi. Come in tante occasioni - di cui la Storia è piena - si ha davvero la sensazione che nel piccolo di quella riunione a Yssingeaux si sia realizzato il modello in miniatura del più tremendo dramma del nostro tempo: il dibattito fra quelle undici donne, diversissime, è in fondo il sismografo di un inizio secolo per-contraddittorio in cui la bussola del lavoro sbanda impazzita, tirando nel vortice la stessa identità̀ del cittadino europeo moderno. Ecco perché́ ho ceduto alla pressante preghiera di quelle donne, che dalle foto dei giornali mi chiedevano di essere raccontate: la loro storia è una radiografia del presente, in ognuna di loro – nelle storie di ognuna di loro – c’è il paradigma di qualcosa che ci riguarda, ci tocca, e merita di comporre il mosaico di una narrazione contemporanea. E se nell’immediato dopoguerra, Reginald Rose utilizzò l’espediente geniale di una composita giuria per scandagliare i fondali limacciosi della società̀ americana, io sono convinto che un consiglio di fabbrica possa quanto mai servire, oggi, per indagare i movimenti tellurici dell’Europa dilaniata dagli spread. [Stefano Massini]

 

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